Mio padre aveva una bellissima voce e faceva parte del coro
degli "amici della lirica" del paese.
La sua voce tonante rimbombava per tutta casa, ed era talmente
potente che per dialogare con mio padre dovevo urlare ed io che sono
sempre stata di voce debole, mi arrendevo pregando che le sue urla
smettessero il più presto possibile. Un bel giorno gli diagnosticarono
un carcinoma sulle corde vocali.
Fu veramente un trauma per tutta la famiglia, pensavo che mio padre fosse inattaccabile, indistruttibile. Aveva sempre dimostrato una forza fisica e mentale che l'aveva reso, ai miei occhi, l'uomo d'acciaio.
Crollò,
come un castello di carte mettendo in evidenza un lato molto fragile ed
insicuro, impaurito per dover affrontare un intervento demolitivo che
non gli avrebbe più permesso di parlare. Proprio lui che della voce ne faveva un vanto.
Lo assistii giorno e notte
cercando di allevviare la sua sofferenza con ogni mezzo, gli parlavo, gli
raccontavo storie inventate, non sapevo più che dire.
Un giorno mi scrisse in un foglietto " Quante parole dici in
più".-Bene- dissi io- d'ora in poi non dirò più cose inutili ora ti dirò
quanto sono stata male per il tuo abbandono. Ti dirò quanto mi ha fatto male la tua idifferenza e quanto mi è mancato il tuo affetto.
L'intervento andò bene
anzi fu un intervento conservativo che gli permise di parlare senza
diventare ventriloquo ma con poca potenza. Finalmente potevo parlare con
mio padre senza dover urlare per sovrastare la sua voce e sopratutto
parlavo con mio padre, cosa alquanto impossibile prima, visto che mi
ignorava da trent'anni.
Sapevo che una malattia così
terribile non avrebbe dato scampo a mio padre ed io, ora che lo avevo
ritrovato non mi rassegnavo a perderlo. La gioia che provavo a coccolare
mio padre, a prendermi cura di lui era così grande che di pari passo
con la gioia, cresceva la rabbia.
"Ma perchè ho
aspettato trent'anni per avere un avvicinamento ed ora che ho
ritrovato mio padre lo devo perdere? Perchè questa subdola malattia me lo deve
portare via?" Era la frase che mi ossessionava il pensiero, ma un giorno
capii che stavo facendo un grosso errore, la malattia me lo portava
via, ma era grazie a questa brutta malattia che avevo ritrovato mio
padre.
Mi impegnai a non perdere neanche un minuto del
tempo che mi era dato per stare con lui e riuscii a dirgli tutto quello
che avrei voluto dirgli ma che non mi aveva mai permesso. Il tempo fù
sufficente anche per la richiesta di perdono da parte di mio padre e con
dolce serenità aspettai quel momento dell'addio a mio padre. Tutto aveva avuto un senso.
I tuoi post , Galadriel mia, mi toccano sempre il cuore.....ed ora come ora , toccarmi il cuore non è cosa semplice..
RispondiEliminaChe bello poter rimediare il tempo perduto e fare quello che ci è possibile nei limiti imposti dal destino...
Mi chiedo..perchè non mi hanno dato questa opportunità?
Forse sarei stata troppo fragile per reggerla..chissà..adorabile, sensibile, generosa amica mia!
oggi mi emozionate troppo ragazze, prima Silvia ora te Gala, parole bellissime dense di emozioni infinite....é bello leggervi e provare dei brividi dentro ..grazie cara ..
RispondiEliminaPost molto emozionante cara Kattia,mi ha toccato il cuore.Buona giornata da Olga.
RispondiEliminaMe lo ricordo benissimo quel "vocione" di tuo padre, che da ragazzo io ritenevo una caratteristica dei romagnoli perchè qui a Ostia ce n'erano moltissimi e tanti di loro avevano lo stesso suo timbro di voce, ed io rimanevo incantato nel sentirli parlare.
RispondiEliminaCiao cara Katia leggerti è sempre emozionante!! Purtroppo..... molte volte è nel dolore che si ritrova l'amore e quello di un papà e per sempre!!! Un caro abbraccio
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